La prima patrona di Lecce è stata Irene, la cui storia è leggenda: un’antica ‘Vita’ abbreviata del Menologio di Basilio II del sec. X. ci dice che Irene (detta Erina), figlia di un signorotto di nome Licinius, fu battezzata da S. Timoteo, discepolo di S. Paolo e si convertì al cristianesimo. Il governatore Ampelio tentò di farla apostatare e al suo rifiuto, inferocito, la fece torturare e decapitare. Secondo un’altra tradizione Irene, figlia di Licinio, sarebbe originaria di Lecce, dove è festeggiata al 5 maggio con il nome di Erina. Dal V secolo a Costantinopoli vi erano già due chiese a lei intitolate, più volte restaurate e ricostruite di cui una esiste tuttora. Il nome Irene deriva dal greco Eiréne e vuol dire Pace, infatti la dea della pace, nella mitologia greca, si chiamava appunto Irene; il nome venne adottato nel latino imperiale con significato augurale e poi dai cristiani come nome apportatore di pace tra tutti i fratelli in Cristo e soprattutto della Pace celeste. Sant’Irene ( a cui è dedicata la bellissima chiesa all’ingresso del Corso Vitorio Emanuele II° a Lecce) è stata patrona di Lecce fino al 1656, sostituita da sant’Oronzo per perorazione dell’allora vescovo Pappacoda e grazie all’attribuzione al santo del miracolo della guarigione dei salentini dalla peste. Nato a Rudiae nel 22 d.C e morto a Lecce nel 68 d.C. secondo la tradizione Sant’Oronzo è stato il primo vescovo di Lecce, nominato da San Paolo. Per rendere onore al Santo, artisti veneziani produssero una statua e la città di Brindisi donò i rocchi e il capitello di una delle due colonne di età romana imperiale poste, al termine della via Appia, crollata nel 1528. I lavori, voluti sempre da Luigi Pappacoda, furono eseguiti dall’architetto leccese Giuseppe Zimbalo, che rastremò i “rocchi” scheggiati in marmo della colonna romana, rimodellò il capitello con i simboli della cristianità e realizzò un basamento in pietra leccese con balaustra e statue, il tutto secondo il linguaggio ornamentale barocco. Il 9 luglio 1684 la statua fu posizionata sopra la colonna nel cuore della piazza civica della città (allora denominata Piazza dei Mercanti), tra feste, musiche e scoppi di artiglierie. Purtroppo, nel 1737, durante i festeggiamenti del Santo patrono, un fuoco di artificio distrusse la statua e se ne realizzò un’altra sempre da artigiani veneziani. L’attuale, la cui altezza è di circa 5 metri, risale quindi al 1739. Rappresenta, come la precedente, un prototipo di arte povera: struttura interna in travoni di legno, rivestita all’esterno con innumerevoli lamiere di rame abilmente modellate. L’opera scultorea, facilmente deperibile se esposta all’azione disgregatrice degli agenti atmosferici, ha costretto il Comune di Lecce ad eseguire ripetuti interventi di restauro nel corso dell’Ottocento e del Novecento. Il restauro più recente, ultimato nel 2020, è stato eseguito nell’atrio principale d’ingresso del Palazzo di Città in via Francesco Rubichi, consentendo anche ai visitatori di seguire le varie fasi di lavorazione. La colonna, che oramai aveva perso il basamento barocco di Giuseppe Zimbalo, fu collocata nell’attuale sito dopo la seconda guerra mondiale, in occasione dei lavori di sistemazione urbanistica di piazza S.Oronzo. Sui lati del nuovo basamento in marmo si distinguono quattro epigrafi in latino. Tra queste, riportiamo quella che inneggia a S.Oronzo: “Al divo Oronzo primo cristiano primo vescovo primo martire di Lecce per avere allontanato dal patrio suolo e dall’intera regione salentina la peste che nell’anno 1655 desolò le Province d’Italia. Questa colonna il clero il municipio il popolo leccese elevarono perche’ dall’alto di essa lo stesso divo Oronzo vegliasse a difesa dei suoi concittadini ed i posteri avessero un perenne ricordo della loro citta’ riconoscentissima per tanto beneficio ricevuto.”
Irene, Oronzo, Lecce e la colonna …
Completata nell’atelier della Fonderia Nolana Del Giudice, la copia in bronzo della statua di Sant’Oronzo torna giovedì 11 aprile 2024, in piazza. Alloggiata davanti al Sedile, per poter essere osservata da vicino, fino alla mattina di sabato 13 aprile, viene issata e fissata sulla colonna alla presenza del Sindaco Carlo Salvemini, delle autorità e con la benedizione dell’opera d’arte da parte dell’Arcivescovo metropolita Michele Seccia.